lunedì 6 maggio 2013

Benvenuti nel nostro mondo.

Questa è una storia che ho inventato io, ieri. Non voglio stereotipare nulla. E' solo uscita dalla mia fantasia. L'ho scritta per intrattenimento. Spero vi piaccia. E' un pò inquietante. Se gradite il genere Noir, buona lettura.





"Benvenuta nel mondo del Caos, Eve K." dice una voce dietro le mie spalle. Mi volto, non c'è nessuno. Mi trovo in un piccolo corridoio davanti al quale si estende un pianerottolo spoglio, con alcune porte.

"Ti spiego. Puoi guardare le tre stanze davanti a te, nell'ordine che desideri e poi scegliere a tuo piacimento in quale rimanere chiusa per un pò. Hai tutto il tempo che vuoi."
"Chiusa?! Qui dentro?! Non fare scherzi, fammi uscire subito."
"Oh, piccola, sei appena arrivata! Non vorrai lasciarci così presto. Coraggio, scegli la prima stanza. Bianca, blu o grigia?" mi guardo alle spalle per cercare la porta dalla quale sono entrata, ma dietro di me c'è solo una parete chiusa. Niente finestre, niente vie d'uscita. L'unica soluzione sono le porte davanti a me. Tutte uguali, cambia solo il colore.
"Vediamo... La stanza blu."
"Molto bene, avanza e apri la porta. Buona visione Eve."

Entro. La stanza è ampia, completamente color cobalto. C'è una donna seduta su una sedia molto grande. Ride istericamente.
"Benvenuta nel mio regno Eve K! Qual buon vento? E' tanto che non ci si vede! Ti fermi molto da noi?"
"Io... Chi sei tu? Da noi chi? Di che parli?"
"Ops, scusa, dimenticavo le presentazioni!" si alza di scatto saltellando verso di me con le sue gambe grassottelle. E' vestita e truccata alla bell'e meglio, disordinata, sciatta. "Ciao, io mi chiamo Mia e sono la regina della Sregolatezza! E con 'noi' intendo tutti quelli che hanno deciso di rimanere a vivere nel mio regno! Vieni, ti faccio vedere!" mi prende la mano ed inizia a correre verso il fondo della stanza. Svoltiamo a destra e mi ritrovo davanti ad un numero incalcollabile di persone. Stanno banchettando. Litigano per pezzi di cibo, nonostante ne siano circondati. Ci sono montagne e montagne di viveri, ovunque. E' tutto unto e sporco. Le persone ridono, ridono a non finire.
"Eccoci qui! Vieni Eve, rimani con noi! C'è roba in abbondanza per tutti! Prova questo!" mi porge un piatto di cibo non propriamente invitante. "No, grazie, non ho fame.". Piega la testa da un lato, contrariata. "Ma... Come fai a non avere fame! Mangia, avanti! Tanto dopo ti sentirai più leggera. Guarda che fanno quelli laggiù." indica verso sinistra, ci sono persone che vomitano in maniera teatrale. Ridono e poi piangono. "Quindi... Vieni qui ragazzina!" Mia inizia a tirarmi verso un enorme montagna di cibo.
"Lasciami!" grido.
"Eve, mi fai dispiacere, mangia, te lo ordino!" mi divincolo ed inizio a fuggire verso l'uscita. Corro velocissima e sento in lontananza urla e risate isteriche. Apro la porta e la chiudo di botto. Sono fuori.

"Già finito il primo tour? Com'è andata, Eve?" dice la voce nel pianerottolo.
"Male. Molto male. Erano tutti pazzi lì dentro! Tutto quel cibo,  le risate senza motivo..." ho il respiro affannoso.
"Capisco... Magari saranno di tuo gradimento le prossime due stanze, che ne dici?"
"Sì si, ora vediamo. Vado in quella bianca. Il bianco è un colore che mi trasmette più tranquillità..."
La voce senza volto sogghigna. "Oh si. Da morire. Prego, apri pure la porta. Non fare rumore lì dentro però, mi raccomando. Buona continuazione Eve."


Entro, c'è tanta luce. Tutte le pareti sono bianche. Tende bianche, tavoli e sedie bianche. Sono avvolta dal silenzio. C'è calma assoluta. "Meno male..." penso. Su una poltrona alla mia destra è seduta una donna. Vedo che è bellissima. Bionda, con la pelle diafana, vestita con un lungo abito di lino bianco. E' immobile. D'un tratto gira la testa lentamente e mi sorride.
"Benvenuta nel mio regno, cara Eve. Mi chiamo Ana. Cosa posso fare per te?" si alza, cammina verso di me, sembra fluttuare.
"Sì, ecco, mi sono persa nel mondo del Caos e... Ho conosciuto Mia prima..."
"Oh si, Mia! La mia migliore amica nonchè fedele alleata. La 'castigatrice' come amo chiamarla io..." ride sommessamente. "Ti piace il mio regno? Ti piaccio IO, vero? Vorresti essere bella come me, lo so. Tu non sei bella e questo non devo di certo essere io a dirtelo. Insomma, guardati. Chissà quanti ti prendono in giro, ti odiano, non ti capiscono... Ma io sono qui per aiutarti, come ho aiutato tanti altri." mi accarezza dolcemente una guancia. Appare uno specchio davanti a noi. Mi vedo riflessa.  Lei è dietro che sorride amichevole.
"Non sono... Bella? No, ovvio che no... Ma hai detto che puoi aiutarmi? Dove sono quelli che hai aiutato?"
Mi guarda piena di compassione:"Vieni con me." mi prende per mano e mi conduce in un giardino bellissimo. Nel giardino non si sente nessun suono. Nessun cinguettio di uccellini, nessun rumore del vento, il sole non ti scalda la pelle. Fa freddo. E' tutto molto strano, spento, ovattato. D'un tratto vedo diversi ragazzi e ragazze. Alcuni camminano nel giardino, altri sono seduti, tanti sono sdraiati sull'erba. Nessuno parla con gli altri, ognuno sta per i fatti suoi. Osservo meglio. Quelle persone sono magrissime, sembrano scheletri. Piangono tutti, ma non emettono suono. Ci sono specchi a figura intera sistemati in modo geometrico vicino a loro.
"Benvenuta nel regno dei Silenzi, Eve. Ti piace?" dice Ana con tono soddisfatto.
"No che non mi piace! Cos'hai fatto a quelle povere persone?!"
"Quello che era meglio per loro." dice in tono sprezzante.
In lontananza riconosco una mia compagna di classe del liceo. "Melory!" le corro incontro. Lei mi guarda spaventata, la abbraccio forte, poi la scuoto per le spalle:"Melory, devi andare via da qui! Io posso aiutarti, vieni con me, andiamocene!". Lei mi fissa, non dice niente. Non pronuncia una sola parola. Fa solo un gesto che mi lascia intendere che devo lasciarla in pace e andar via. Poi si volta e ricomincia a piangere rivolta davanti ad uno specchio. Sembra che alcune parti del suo corpo siano come consumate. Mi esce una lacrima, mi dirigo a grandi passi verso l'uscita.
"Dove credi di andare Eve?!" la voce di Ana assume un tono autoritario.
"Lontano da qui. Lontano da te. Non mi avrai. Vergognati, mi fai schifo." le volto le spalle e continuo ad avanzare.
"No! Stupida, tu mi appartieni! Fermati!" mi sento avvolgere da mani invisibili. Mi prende per il collo. "Sei brutta e grassa! Solo io posso renderti perfetta!". Mi sento soffocare.
"Lasciami, stronza!" riesco a divincolarmi e inizio a correre. Sento le sue urla, i suoi pianti disperati, i suoi insulti. Corro con tutte le energie che ho in corpo.
Finalmente esco, sbattendo la porta.

"Eccola la nostra Eve! Tutto bene?" la voce sembra aver assunto un tono beffardo.
"Sappi che non è divertente."
"Per così poco, sciocchina? Aspetta di vedere l'ultima... Coraggio, apri."
"Ma si, meglio che mi sbrighi. Così me ne torno a casa. Maledetti."
"Lo spero per te... Addio Eve."
Guardo la porta grigia, confusa dalle parole della voce. Mi prendo qualche minuto per riprendere fiato, dopo di che entro.

Questa stanza è grigia e nera. Buia. Ma riesco ugualmente a vedere tutto. Non c'è ordine, ci sono libri e fogli sparsi per terra, avanzi di cibo qua e là, bilance, vestiti e oggetti di varia natura.
Un uomo è seduto per terra. Sarà sulla quarantina, alto, moro, abbastanza curato. Si alza, ha un portamento elegante. Mi viene incontro.
"Benvenuta nel mio regno Eve." mi bacia la mano. "Gradisci una tazza di tè?".
Non so perchè, ma mi ispira fiducia. "Oh si, magari. Sono stata nella stanza bianca e in quella blu prima, sono alquanto scossa...". Lui assume un'aria fredda e distaccata:"Ah si, Mia ed Ana... Strane soggette quelle, non è vero?" mi versa del tè caldo.
"Sì, davvero. L'ho scampata per poco. Tu comunque come ti chiami?"
"Siedi pure tesoro. Io mi chiamo Cat, sono il re della Disperazione. Nulla di che, non preoccuparti." mi porge la tazza.
La prendo, mi si spezza il manico. Mi taglio la mano, il tè bollente mi si versa su una coscia.
"Oh mamma, perdonami! Non avevo intenzione di... Causarti dolore, una ferita, una scottatura e tutto questo spavento... Fatta male? Spero di no..."
Mi guardo la mano, alzo un pò il vestito per vedere com'è conciata la gamba. "No, non fa così male..."
"Molto bene allora! Vuoi conoscere i miei amici?" mi porta in un sotterraneo. I gradini sono alti e stretti, devo abbassarmi per entrare. Ci sono bambini, uomini, donne, anziani, ragazzi e ragazze. Tutti seduti a terra o in posti sudici. Hanno un'espressione cupa. Sono completamente vestite di nero. Alcune sono sporche di sangue. Non parlano tra loro, urlano e basta. C'è un gran rumore di grida strazzianti. Mi tappo le orecchie. "Ma... Stanno bene qui dentro, Cat?"
"Oh si, non chiedono di meglio. Stanno scontando alcune cose che hanno fatto. O che continuano a fare. Io li aiuto come posso. Alcuni muoiono, ma solo quelli che non sono abbastanza forti. Altri impazziscono, ma solo quelli che perdono il controllo."
Riconosco alcuni volti visti di sfuggita nelle altre due stanze. Lo guardo, allarmata: "E tu stai bene?"
Si volta, mi guarda. Poi si sfila il bel maglione nero che indossa. Mi mostra le sue braccia e il suo torace pieni di cicatrici, ferite e tagli. "E' questo quello che siamo. E' così che si impara a vivere. E' quel che meritiamo..." gli si spezzano le parole in gola. Inizia a piangere, poi lancia un urlo disperato. Si accascia a terra, gli occhi persi nel vuoto. "Eve, mi passeresti... Ecco, quella lama poggiata sul tavolo...?"
Lo guardo spaesata:"No, cosa... Che devi farci?"
"Dammela ti ho detto."
Faccio quel che mi ha ordinato. Si incide un piccolo taglio sull'avambraccio. "Eve, aiutami. Sto male. Portami via..." ha la voce bassa, lo sguardo terrorizzato.
"Vieni con me, sta tranquillo. Dammi la mano..."
I suoi occhi tornano ad essere vuoti:"No! Non voglio! Lasciami qui, io merito solo questo! Anzi, guardami mentre mi uccido lentamente! Guarda Eve!"
Cerco di togliergli la lama affilata dalle mani, ma lui ha più forza di me. Cado su un gradino. Inizio a strisciare sugli scalini per andarmene via. Sento le sue urla:"Eve torna qui, aiutami!" chiudo il sotterraneo.
Mi ritrovo nella stanza grigia, vuota. Mentre mi sto per dirigere verso l'uscita, la voce senza volto mi parla:"Eve, non puoi ancora uscire da qui."
Sbatto contro la porta. Non si  apre. Mi assale il panico. "Oddio, fammi uscire, ti prego! Ho paura!" mi viene da piangere.
"Uscirai Eve, vai prima a guardare fuori da quella finestra. Ascoltami bene. Dovrai solo guardare da dietro il vetro, non puoi entrare. Perchè se decidi di entrare, non uscirai più, al contrario delle altre stanze. Mi hai capito bene? Guardare e basta."
Tento di calmarmi, scruto nell'oscurità, vedo una finestra. Mi dirigo cautamente verso di essa. Sposto la tenda.
Lo spettacolo che si apre davanti a me è quello che comunemente chiamerei "paradosso". Ci sono fiamme ovunque, uno strapiombo del quale non vedo la fine, pezzi di terra sospesi nel vuoto. Le persone qui dentro corrono all'impazzata, si gettano di sotto, entrano ed escono dal fuoco. Hanno i volti sfigurati.
La voce mi narra:"Queste persone fanno parte del regno della Follia. La regina si chiama Sue, è quella che vedi sdraiata su quel divano."
In lontananza si vede una donna immobile, con gli occhi chiusi, supina su un divano mal ridotto. "E' morta...?" chiedo esitante. Improvvisamente la regina si alza in piedi, ha i capelli scomposti, canini affilati, occhi completamente neri. Si accorge di me, inizia a correre verso il vetro. Ci sbatte contro come un leone famelico, ansiosa di avermi. Dallo spavento faccio un balzo indietro. Lei continua a dimenarsi come una pazza, a gridare.
"Fammi uscire, per favore." dico alla voce.
"Sì, hai visto abbastanza." La porta alle mie spalle si apre, mi incammino tenendo però lo sguardo fisso sulla finestra. Le fiamme avvolgono Sue. Mentre apro la porta mi accorgo di aver calpestato vetri, lame e proiettili. Esco, sbattendo la porta. Ho il cuore che mi va a tremila.
"E così Eve, non hai soggiornato in nessuna delle suite... Peccato. E pensare che sono tutte comunicanti tra loro. Puoi entrare e uscire quando vuoi. Puoi andare a trovare chi preferisci, Ana, Mia, Cat... Beh sì, con Sue è tutto un pò più complicato..."
"Voi siete pazzi. Fammi uscire subito. Dov'è la porta per tornare nel mondo normale? Questo regno del Caos non mi piace per niente!"
La voce inizia a ridere di gusto:"Pensi sia così semplice? Ormai ci sei dentro, bella mia. Se non soggiorni nelle stanze, dormirai qui sul pianerottolo. Lo chiamiamo Limbo. Preparati un giaciglio. Tanto a breve sceglierai una stanza, vedrai..."

Passarono 5 giorni. 5 giorni nel Limbo, con la voce che mi consigliava e non mi dava tregua.
Il sesto giorno decisi di riaprire la porta grigia. Lo feci per sapere come stava Cat. E per bere del tè con lui.



6 commenti:

  1. Risposte
    1. Grazie!!! Grazie mille cara! Sappi che ti seguo :)

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  2. Complimenti! Davvero noir e realista...Brava hai scritto delle cose che colpiscono molto, soprattutto chi non sa bene cosa si cela sotto queste malattie così simili...queste sorelle.
    Un abbraccio

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    1. Grazie! Quanto sono contenta che qualcuno abbia letto e apprezzato! Un grande bacio! <3

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  3. ho letto..
    a me veniva da piangere..
    non perchè fosse brutto eh..
    ma per quello che descrivevi..
    per la sua cruda realtà..
    il limbo..già lo conosco bene..
    non hai lasciato nulla al caso nel tuo racconto..
    e quell'agire in buona fede di tutte e 3 le alleate..
    mentre tu marcisci dentro..

    quello che mi ha colpito di più è stata la descrizione del 'regno'di Ana..quelle urla che non emettono suono..
    là mi è venuto da piangere..


    non perdere mai la cognizione di te..
    sue non ti avrà.MAI.


    un abbraccio

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    1. Grazie, sono contenta di aver suscitato emozioni in te tramite la mia descrizione. Mi aiuta mettere il "marcio" che ho dentro per iscritto... Sono molto cruda e realistica, sì... E vale anche per te, Sue non ti avrà mai. Nessuno può averci tesoro, noi siamo solo nostre. Asciugo le tue lacrime e ti abbraccio <3

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