sabato 12 ottobre 2013

My sweet prince - Placebo

C'era una volta il 1992, quando sei nata. Avevi i capelli rossi e tutti dicevano che non eri di lì, ma di qui, del nord.

C'era una volta il 2013, che ti sei trasferita in Irlanda e sei tornata in patria.

Negli anni '90 c'eri tu. Perfetta agli occhi di tutti.
 "Lei si che è brava".
E tu dentro avevi il casino. A casa stavi con le lacrime agli occhi, i digiuni, l'eterno e implacabile senso di colpa per cose che avevi anche solo pensato di fare. Ti sei uccisa milioni di volte dentro casa dei tuoi genitori. Il silenzio, il tuo miglior alleato. La repressione, la tua condanna.

Poi c'era l'anno in cui sei scappata da tutto questo. Un pó impaurita, piena di sogni e speranze.
SEI SOLA QUI.
C'erano i pacchetti di fazzoletti sprecati per lavare i nostri peccati. C'era il tuo protettore che è diventato il tuo carnefice e te che non sapevi che fare.
CONFUSA è la parola che ti si addice di più qui.
C'era lui che "cavolo, quanto mi piace quando sorride". C'eri tu che parlavi troppo ed eri così schifosamente romantica.
C'era lui che cambiava mete immaginarie ogni giorno. Una volta Canada, poi New York e l'ultima persino Australia. C'eri tu che lo ascoltavi, che volevi che stava bene. Che dopo un pó hai smesso di sperare in una frase dolce e ti accontentavi delle carezze, dei baci, degli abbracci notturni senza dire una parola.

C'eravamo noi vestiti o nudi sotto quel grande piumone grigio scuro a guardare le luci di Dublino che si spegnevano dopo la mezzanotte. Guardavamo lo Spire e le nuvole dalla finestra di casa tua, ma soprattutto guardavamo le stelle. "Devo farti vedere una cosa", dicevi. Io pazientemente aspettavo e si vedevano le stelle per davvero. Pure da quaggiù.
C'era il mio trucco nero sbavato sotto agli occhi, i miei capelli sfatti e tu che dicevi solo "Alla prossima, grazie per stanotte". E io pensavo, tutte le volte, come sarebbe stato bello se ti fossi fermato 5 minuti in più. Solo 5...
Aspetto quel giorno. Aspetto un fiore. Aspetto un vero invito a cena. O a ballare. O a fare una passeggiata. Oppure un bel messaggio per sapere dove sono. Se magari sono nei guai.

Qui è così facile perdersi. La notte, quando fa freddo. E l'unica cosa bella è un libro che hai comprato la mattina e la speranza di incontrare una persona per bene che ti offra da bere.

C'ero io col mio lavoro tosto e le poche mance per prendere il bus.
C'eri tu col tuo lavoro full-time e sempre tanto da fare.

Eravamo solo noi e questa città, che ci ha fatti incontrare. Ma a te non importa. Non importa a nessuno davvero. C'è chi va e chi viene qui; Dublino è un porto. Solo io ci rimarrò per sempre a consumarmi e ad amarla come non ho mai amato e mai amerò niente e nessuno.

Grazie Dublino, per la via d'uscita. Grazie per avermi presa. Grazie per la libertà infinita. Grazie perché qui non c'è limite. Grazie perché sarò tua prigioniera per sempre. Grazie per le canzoni nei pub, la notte. Grazie per le birre che riscaldano. Grazie perché mi metti paura ma non troppo. Grazie per la pioggia delicata.
Grazie perché non mi fai mai piangere, anche quando tocco il fondo.

2 commenti:

  1. Questo post è stupendo e mi ha fatto venire le lacrime agli occhi...hai racchiuso mille emozioni in queste righe.
    Ti sono vicina
    Un abbraccio forte

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    1. Grazie Faby... I tuoi commenti mi tengono compagnia... Ti leggo eh!
      Un abbraccio grande a te <3

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